13-11-00 Is 23, 1-14; 2 Pt 2, 10b-16; Lc 8, 26-39 (Francesco). La voce si materializza in Cristo, che è incarnazione della parola. E oggi si parla proprio dell'umanità, che viene invitata a prendere gli abiti della sposa. Per questo bisogna stare dentro a tutte le vicende ed assistere a come si compie il giudizio del Signore. Il Signore è lo sposo di tutti noi perchè è l'unico annunciatore di buone notizie. C'è sempre la mano del Signore. Alla fine i due ultimi versetti parlano dell'acclamazione dei popoli, del loro rallegrarsi per il Signore; poi le genti lontane danno gloria al Dio d'Israele. Il rapporto fra Dio e gli interlocutori è fra Padre e figli; il vangelo di Giovanni richiama sempre l'amore del Padre per il Figlio e per tutti gli altri figli. Bello il vs 17: "Opera della giustizia sarà la pace, lavoro del giudizio sarà il silenzio". 27-2-01 Is 52, 13-53, 6; 2 Co 7, 8-16; Lc 20, 41-44 (Francesco). - C'è difficoltà nel testo: non si capisce a volte se si parla d'Israele o degli altri popoli. Commento teologico al Libro del Profeta Isaia (cc. Se il servo è fedele alla parola che Dio gli consegna, proprio in questo diventa potente. Tutta la potenza di Dio è come appoggiata alla nostra ricettività. - Già l'inizio del brano suggerisce che si tratta del racconto di un grande incontro fra qualcosa che discende dal cielo e qualcosa che sale dal basso (vedi Salmo 84-85). E' quanto accade quotidianamente a tutti noi: Dio che continua ad interpellarci e noi che andiamo dietro ai nostri idoli. - vs 9: la Vulgata dice "A chi farà comprendere l'ascolto? Tutti sembriamo patire la stessa sorte, ma noi sappiamo perché. Chiediamo perdono al Signore per le nostre resistenze, tristezze e scetticismi sul fatto che il bene della nostra vita possa crescere per la sua visita. Noi pensiamo che se il Signore ci toglie quello che ci opprime, allora siamo a posto; ma non è così. - Testo che pone alcune difficoltà; non sembra stia parlando delle sofferenze di questo personaggio. I vangeli ci mettono in guardia dal reagire in questi modi. - Non è un richiamo ad un generico Dio creatore: infatti chiama per nome tutte le sue creature, anche i singoli (vs 31: "quelli che sperano in lui"). Il cristiano deve accettare la morte della creatura perché per lui devono essere possibili queste parole. E' una madre che dilata la sua maternità a tutte le genti. Il Signore riempie Paolo della sua grazia e quindi Paolo non avrebbe bisogno di niente, ma ha piacere che loro abbiano preso parte alla sua tribolazione, si sente come liberato dalla propria condizione di solitudine. Questo è il perenne scandalo di Cristo: noi siamo contenti che Gesù sia il Signore dei poveri, ma è difficile accettare che proprio Lui sia il povero ed il reietto. Isaia mette in chiaro che non si può giustificare la singola opera malvagia, mentre si possono giustificare, con atto di misericordia di Dio, le persone che compiono il male; questo per la giustizia del suo Cristo. Le tribolazioni che ieri ci portavano ad un sentimento di pazienza, di attesa e di speranza, oggi viene detto che sono occasioni per cercare il Signore. Scoprire di aver sete è il dramma e la salvezza della nostra vita. - Il cap 9 è stato come un confronto: il Signore vuole mettere in evidenza l'inefficacia del potere regale. - Bello che Dio sia invocato come Dio vivente: Lui è entrato nella nostra vita, capisce tutto di noi, ha viscere di misericordia e cuore pieno d'amore. Le bestie torneranno in Ap 19, 17 quando c'è la descrizione del grande banchetto. 30-11-00 Is 29, 9-14; Rm 10, 9-18; Mt 4, 18-22 (Francesco). Quindi, quanto dice il Profeta è quello che succede nel giorno del Signore. - Le parole del profeta, già nei giorni passati, ci hanno mostrato una visione provvidenziale della storia che accompagna la creazione. Ieri Dio ci ha presentato la carità come un dono che viene da Lui. - vs 20: "L'Arabo non vi pianterà la sua tenda, né i pastori vi faranno sostare i greggi"; nel vangelo invece ci sono i messaggeri del Signore che portano pace e riposo a quelli che li accolgono. Consola che da Tommaso Gesù sia ritornato, perché, nonostante il nostro peccato, ci ama. - vs 18: richiama i Corinti dove Paolo parla della vittoria sulla morte "Dov'è morte il tuo pungiglione?" L'affetto del Signore è proprio per ciascuno di noi, anche per quelli che non si sentono all'altezza. Non liturgie più o meno belle, ma un cuore che si china per vedere il piccolo che c'è nel fratello. Così anche il segno protettivo dell'uccello che difende i suoi piccoli ci porta a Gerusalemme ed alla passione di Gesù. Il nemico è distrutto; è il male che è in noi, il principe di questo mondo, che deve essere distrutto perché l'uomo sia liberato. Il servo deve entrare in un rapporto d'amore col Signore. Il secondo dato importante di oggi è scoprire che il Signore tiene per noi. Bisogna accogliere l'obbrobrio di una situazione ferita perché è lì che Dio ha posto il suo dono, tutta la sua ricchezza. Il male è un grandissimo mistero che non deve dare a noi occasioni di giudicare gli altri. - Bello il parallelo col vangelo per quanto riguarda la gratuità. - vs 13: paura e timore. Se non fosse così saremmo idolatri perché ci attribuiremmo la storia. Isaia 1 Isaia 2 Isaia 3 Isaia 4 Isaia 5 Isaia 6 Isaia 7 Isaia 8 Isaia 9 Isaia 10 Isaia 11 Isaia 12 Isaia 13 Isaia 14 Isaia 15 Isaia 16 Isaia 17 Isaia 18 Isaia 19 Isaia 20 Isaia 21 Isaia 22 Isaia 23 Isaia 24 Isaia 25 Isaia 26 Isaia 27 Isaia 28 Isaia 29 Isaia 30 Isaia … Anche in Giona parla di Tarsis come un luogo laico dove ci si può rifugiare lontano dal Signore. Quindi sono tutte indicazioni positive che annunciano pace ai vicini ed ai lontani. Con la sua opera Dio imprime alla storia una direzione che nessuno può variare. E' questo cammino della speranza che ci dà il senso della partecipazione alla misericordia di Dio. Il Signore interviene nella storia per mezzo di persone, anche se spesso gli inviati non sono riconosciuti né accolti. Al vs 7 di chi sta parlando? Anche nell'uomo del Vangelo la Parola, da lui conosciuta ed assunta come suo patrimonio, si ripropone nuova in Cristo e tutto è completamente nuovo. 23-1-01 Is 42, 5-9; 1 Co 14, 20-25; Lc 14, 34-35 (Francesco). Nella parte centrale c'è l'emergere dell'inviato di Dio, "uno che io amo", che compirà il volere del Signore ed al quale Dio farà andare bene tutte le imprese perché sarà accompagnato dal suo Spirito. - Il vangelo di oggi ci dice che se non si diventa come bambini non si può entrare nel Regno dei cieli. - In una lettura messianica, si arriva alla conclusione che il popolo d'Israele è trattato molto peggio degli altri popoli (vs 7): l'esperienza che Israele fa è molto più drammatica; nessuna persona ha sentito l'abbandono di Dio come suo Figlio (vs 11: "non avrà pietà chi lo ha cercato, nè chi lo ha fatto ne avrà compassione", lo sbatte fuori, gli toglie il culto, lo butta nell'ateismo, lo riduce a deserto, le donne lo raccoglieranno come rami secchi). Oggi è un grande canto dell'incontro, ma perché si verifichi non si può pensare ad una vittoria imperiale. - Siamo vicini alla conclusione della lettura del libro di Isaia e dobbiamo ringraziare molto il Signore per il bene che ci ha fatto attraverso questo libro e anche per il bene che ci siamo fatti tra noi sostenendoci nella preghiera. La vita a volte è confusa e così l'espiazione del peccato non è un momento completamente negativo. Così facendo si attuerà quanto dice il profeta. C'è un rapporto fra benedizione che Israele riceve da Dio e quello che succede alle genti. - Sono parole di speranza perché l'opera del Signore è vigilante sull'uomo. 19-10-00 Is 14, 1-2; Gc 3, 1-6; Lc 6, 6-11 (Francesco). - Il latino ha parole diverse: al vs 2, "non ci fu nulla che non mostrasse loro", "nulla" è in realtà "verbum". - I Moabiti desiderano essere accolti. Sollecitare che Lui venga, riconoscerlo nelle nostre umiliazioni, là dove dobbiamo essere salvati, ci consente di trovarlo. Le parole del Profeta non sono frutto di presunzione o sforzo di volontà, ma di una grazia assoluta da parte di Dio. - vs 16-17: c'è una specie di difficoltà di Dio perché il suo sdegno ed il suo castigo non possono andare tanto oltre, altrimenti verrebbe meno l'alito vitale che ha creato. In questa casa sono passate tante persone ed essa, come quel bambino, ha preso tante vicende e nomi tristi: in questa casa si compie il miracolo dei due bambini perché quello che porta il nome cattivo viene poi a restituire serenità, il suo nome difficile viene trasformato in un nome di speranza e di pace. Per la vanità dell'uomo, sembra impossibile che anche i re muoiano, ma devono anche loro cedere davanti alla manifestazione della gloria di Dio. Dobbiamo accettare con umiltà e gratitudine il giudizio di Dio. - Sono solo domande retoriche o ad alcune si può trovare una risposta pertinente? Secondo punto: l'accorgersi di essere solo strumento e non protagonista, deprime? - vs 10: la conseguenza del peccato è nascondersi; richiama la Genesi ed il Cantico dove però lo sposo chiama la sposa e la porta fuori, come Gesù ci porta fuori dal peccato. Se avesse saputo di essere uno strumento avrebbe fatto quello che ha fatto?" Convertirsi significa prendere il posto giusto, mettersi nel gruppo di coloro che hanno bisogno di essere salvati. Nei giorni scorsi c'erano quelli che non dovevano mai stancarsi di ricordare le promesse del Signore. Tutto quello che Isaia dice di Gerusalemme va visto in una luce d'obbrobrio. Deve morire in noi quello che si oppone alla volontà di Dio. Il profeta rivolge a Israele espressioni che possono lasciare perplessi per l'esclusione di altri, anche nostra. Benediciamo il Signore che ci invita a cantare di gioia e ci consente di riprendere con nuova speranza la nostra vita. Più tardi ci sarà grande fecondità, il Signore curerà e guarirà le lividure prodotte dalle sue percosse. Oggi ci sono queste figlie di Sion descritte minuziosamente nella loro volontà di piacere, essere attraenti, ricercate. In questa condizione di debolezza generale lo Spirito del Signore soffia rendendo più evidente la debolezza, ma anche cancellandola, facendola scivolar via ("soffia" si trova anche in Gen 15 quando Abramo caccia, soffiando, gli uccelli rapaci dai suoi sacrifici, e nel Salmo 147: "fa soffiare il vento e scorrono le acque"). - La persona che piace a Dio (in Isaia) è legatissima alla figura di Gesù che abbiamo incontrato ieri (dom III T.O.). L'ultimo versetto, "non sarà espiato questo vostro peccato finché non sarete morti", può voler dire che il peccato non sarà mai espiato, oppure che con la morte si espia questo peccato. Ci viene a dire che è la Parola che viene prima, è lei che ci guida. 21-2-01 Is 51, 1-8; 2 Co 5, 11-17; Lc 19, 45-48 (Fratelli della Dozza), La benedizione e la salvezza sono per tutti. Chi è che deve consolare? Sicuramente il Signore non ci abbandona, ma la prova è totale, al di là di ogni razionalità. C'è come una pregustazione della nuova saggezza portata da Gesù. Il non rallegrarci perché si è spezzata la verga, oltre ad un invito a non rallegrarci per la fine del nemico, è anche un invito a rimanere nell'oppressione, non opporsi al negativo che si sta vivendo, e trovare lì la speranza (perfetta letizia di San Francesco). - Attualissima e profondissima la parola della Scrittura: oggi i tre brani sono anche molto uniti. Qui non ci sono più regimi, ma solo l'annuncio, che è la Pasqua, è il perdono, è la Resurrezione. Il Signore fa una grande spesa di energia, ma poi le cose falliscono. Anzi, c'è un'intesa ("cenno" di Dio), c'è dentro una provvidenza. Ma lo fa piangendo e non c'è lacrima che Dio non veda. La scrittura va citata con attenzione, non come fa il diavolo oggi nel vangelo. Chiediamo perdono per tutti i nostri peccati di egoismo e di trascuratezza verso le persone che ci sono affidate. rimane un enigma che continuamente si ripropone; è il mistero vivo di Dio che irrompe nelle vicende della nostra vita, giorno dopo giorno. - Tra la prima e la seconda parte non c'è consequenzialità: non è che il popolo si converta e Dio li salva, c'è l'assoluta gratuità di questo giudice e di questa sapienza. - I popoli che in questi giorni si sono avvicendati nel testo d'Isaia, lo hanno fatto perché il giudizio su di loro potesse essere accostato a quello d'Israele. Essi hanno vinto il drago col sangue dell'Agnello e, per questo, anche noi ritroviamo vita. E' nascosto ed è facile non badargli perché si immerge nella nostra vicenda di oggi. E' importante che noi festeggiamo questa geografia di papa Giovanni; è una specie di gara perché tutti avvertivamo che teneva per noi e ce lo sentivamo vicino nella preghiera. L'espressione discepolo era già stata usata in Is 50, 4 ("iniziato"). 16-12-00 Is 35, 1-10; 1 Co 7, 36-40; Lc 11, 45-54 (Giovanni), - Domani si entra nella novena di Natale. Al vs 5 "abbattere" è "umiliare". Gli angeli sono segni di Dio in mezzo a noi. Nel vangelo di oggi c'è un anticipo della Passione secondo Luca. In Isaia la gioia si caratterizza nella figura femminile: Gerusalemme come madre. L'invito di entrambe le letture è quello di lasciarsi prendere senza ricavarsi un proprio spazio di orgoglio. Bisogna quindi stupirsi ed abbandonarsi al Signore, dopo aver chiesto perdono per le nostre aggressività verso Dio e verso i fratelli. La domanda finale: "Come ci salveremo?" - In questi giorni ci è data la grazia di ascoltare i vangeli della passione e della resurrezione in breve anticipo rispetto alla settimana santa. Chiediamo perdono per tutto quello che occupa indebitamente il nostro cuore e lo distoglie dall'ascolto della parola del Signore. Prima c'è l'atto di misericordia di Dio, poi il popolo, vedendo ques'atto, si accorge del suo peccato e chiede perdono. Quindi possiamo sì essere guardiani l'uno per l'altro, ma, prima di tutto, siamo tutti pecore. - Ci sono dei paralleli illustri come ad esempio l'indurimento del cuore del Faraone. 26-10-00 Is 16, 6-14; Gc 5, 1-6; Lc 6, 43-49 (Francesco), Di Moab rimarrà solo un resto piccolo e impotente. ", o la Maddalena che lo scambia per il giardiniere, o i dicepoli di Emmaus che non sanno chi sia quel pellegrino e lo riconosceranno solo allo spezzar del pane; in Gv 21 non lo conoscevano e non osavano più chiedergli "Chi sei". - Il rifiuto a convertirsi, il cercare la salvezza con le proprie mani, richiama il cap 13 di Luca (invito alla conversione). Ma fa parte di questo disegno di fedeltà anche la sconfitta e quando il servo dice "invano ho faticato" diventa figura della Passione. Questo è il principio di tutti i peccati per cui si potrebbe forse dire: beati quelli che restano alla vista del Signore. - Richiama il Salmo 43: "Svegliati!" Al vs 5 il lamento è rivolto a Moab dal Profeta stesso. Non si può andare troppo veloci, bisogna camminare con la difficoltà di quelli che frenano, per poter stare tutti insieme, 3-1-01 Is 37, 1-7; 1 Co 9, 1-12; Lc 12, 8-12 (Francesco). - Per quanto riguarda la scure, è molto facile non rendersi conto che c'è un altro che la muove. - I riferimenti ai campi e alla vigna rimandano ad Is 5 con alcune differenze: la vigna di Moab ha lunghi rami che vanno fino al mare e dà frutti buoni; quella d'Israele è curata, ha un recinto, le sue sono viti scelte, ma dà frutti selvatici. Il cielo è sinonimo di Dio. C'è il rischio, è vero, di farne un atto dovuto e devoto, ma è un atto irrinunciabile della nostra vita per chiarire che ogni bene viene dal Signore. Noi non abbiamo luce, ma possiamo guardare la luce del vangelo e la possiamo indicare. Per questo chiediamo perdono al Signore. Oggi cambia tono, si parla di festa e salvezza. Il fatto che anche noi qualche volta perdoniamo vuol dire acconsentire alla Parola di Dio: questa è la fede. per non vedere il proprio dramma. - E' il Signore il primo assetato: deve bere il calice d'amarezza e di passione. - Nei LXX l'invito a consolare è rivolto ai sacerdoti, cioè ad ogni battezzato. - La speranza grande del testo di oggi richiama la motivazione per cui Papa Giovanni ha indetto il Concilio: tutto andava male, ci voleva una grande riconciliazione. Si potrebbe pensare che il soggetto fosse Gerusalemme, che invece è la destinataria dell'annuncio. La Parola è una grande grazia che ci viene donata ogni giorno. Le note indicano Ciro, un personaggio che non c'entra niente col popolo, ma che inconsapevolmente lo libera dalla schiavitù. Oggi c'è un "aimè!" C'è un dialogo che si svolge nel cuore delle persone: la via della pace va trovata nei tentativi di mettersi d'accordo sulle cose che ci dividono, ma più di tutto sul fatto di andare tutti insieme verso Gesù. Il padrino è il primo segno dell'estensione d'appartenenza. E' un dolore aperto alla speranza, un dolore che darà frutto. Così qui la percezione della santità di Dio, con la sua piccolezza, schiaccia la "grandezza " dell'uomo. Nella liturgia si piange e si gioisce insieme. La misericordia dell'uomo è come il fiore del campo: non è solo la condizione misera della carne, ma è una qualità morale, è la poca fedeltà dell'uomo verso l'amore di Dio (pietas). - vs 7: si parla di breve istante d'abbandono e poi d'accoglienza. Manca però ogni figura di riferimento. 12-2-01 Is 48, 1-11; 2 Co 2, 12-17; Lc 18, 18-23 (Giovanni). Ricorda quando Gesù scaccia i mercanti dal tempio ("lo zelo per la tua casa mi divora"). I vs 8 e 9, ripetendo spesso "capo", ricordano il confronto fra chi vuol essere primo (capi) ed i bambini. Quanto a Moab, è descritta la sua debolezza (le figlie come un uccello fuggitivo, come una nidiata dispersa) che muove a compassione. Non hanno neppure combattuto, si sono astenuti dalla battaglia. E' questo che noi dobbiamo sempre fare per tutte le cose che il Signore ha fatto per noi. 4-11-00 Is 20, 1-6; 2 Pt 1, 5-11; Lc 7, 36-50 (Giovanni), Gesù è stato "fatto peccato" per essere la salvezza del peccatore. Al vs 5 "la risparmierà" è il verbo della pasqua : "la salterà, passerà avanti". - Oggi ricordiamo San Leone Magno, noto principalmente per aver fermato Attila. Bisogna affaticarsi ed anche piangere dentro il mistero dell'esistenza. Il Salmo 23-24 dice di aprire le porte e fare entrare il re della gloria. - vs 4: "Io primo ... ultimo". - vs 5: "perduti" nei LXX è "essere trafitti". Nel disegno del Signore è necessario che sia abbattuto ogni idolo, che vada in rovina ogni falsa gioia. "Assetato" (vs 3) è parola usata per l'uomo, non per il suolo, quindi è l'uomo che è nella necessità di ricevere acqua. "Gloria alle tue porte" è un'espressione liturgica. - Spesso nelle Scritture il Signore giudica le nazioni che non hanno aiutato Israele nella sua fuga dall'Egitto. E' bello che l'incontro fra questi popoli sia segnato dall'interessamento del Signore: Lui stesso ha avuto sete. Ci dice che prima c'è la Parola, poi la storia. La parola di Dio ci consola ancora una volta. Rimane il problema di Giuda; ma Dio, che volge tutto al bene, ha messo tutto insieme. Non c'è altro giusto all'infuori di Lui. La morte è vinta; bisogna fare i gesti della Pasqua: scrollarsi di dosso la polvere perché l'avvenimento del perdono, che è la Resurrezione, avviene. E' inevitabile il collegamento col vangelo, dove tutti tornano contenti a raccontare e la loro gioia è dovuta al fatto che i loro nomi sono scritti nel libro. Al vs 9 gli inferi che si agitano per te: nell'iconografia della discesa di Gesù agli inferi si vedono questi re che si agitano. E' con questo sentimento che le genti approdano a Gerusalemme. Al vs 3 "non avevamo alcuna stima" è il verbo del non contare, non tenerne conto; è proprio la persona da cui riceviamo tutto, è Gesù, ma è anche tutte le persone della nostra vita, tanti casi di dolore, di persone toccate dalla predilezione di Dio. Infatti se un'afflizione è solitaria diventa idolo. Riconosciamo i nostri peccati e con fiducia chiediamo perdono al Signore. Gli oppressi e i poveri in greco sono i "miti", quindi non c'è un'idea di violenza come nel testo italiano. Il male è molto, molto più grande di noi, per cui è importante per noi ricordare ogni giorno che il Signore è presente fra noi. - La Chiesa oggi ricorda la cattedra di San Pietro, memoria che è anche occasione per pregare per l'unità di tutte le chiese. Nel vangelo di Giovanni si dà grande importanza ai segni. Caino dice "sono forse io il guardiano di mio fratello?" Anche nel vangelo però c'è l'ipotesi della non accoglienza e della desolazione conseguente. Bisogna accostarsi al Signore non con la presunzione di avere qualcosa da portare, ma semplicemente per ascoltarlo e per contemplare il suo mistero. L'uomo scopre la sua realtà più profonda. Quando Ciro parla è Dio che parla. - Domani si dirà (vs 19) "Io non ho parlato in segreto", e allora? 24-1-01 Is 42, 10-17; 1 Co 14, 26-40; Lc 15, 1-10 (Francesco). Al vs 5, "in quel giorno", come spesso citato, è il giorno del Signore. La Regola dice che siamo afferrati da Cristo Gesù, potati e lavorati. Aggrappiamoci alla domanda "chi? Domani già si parlerà di una Gerusalemme celeste. E' un invito bellissimo per dare speranza, richiama Abramo quando deve guardare le stelle del cielo. - All'inizio del brano l'invito all'ascolto va in diverse direzioni, ma il vs 1 termina con "senza sincerità e rettitudine" (in greco "senza verità e giustizia") che indicano non tanto la mancanza di qualità morali, ma della consapevolezza che il Signore è in mezzo a noi.
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